L’ipertensione polmonare è una condizione fisiopatologica presente in molte situazioni cliniche e definita da un aumento della pressione media in arteria polmonare superiore a 25 mmHg a riposo determinata tramite cateterismo cardiaco.
Dal punto di vista emodinamico l'ipertensione polmonare può essere ulteriormente distinta in:
- post-capillare caratterizzata da un aumento della pressione capillare polmonare ( PCW ) superiore a 15mmHg ed è quella che si riscontra nella forma secondaria a malattie del cuore sinistro;
- pre-capillare caratterizzata da una pressione capillare polmonare inferiore a 15mmHg ed è quella che si trova nella forma secondaria a patologia del parenchima polmonare, quella secondaria a cuore polmonare cronico tromboembolico, quella a genesi multifattoriale e quelle appartenenti al gruppo della ipertensione arteriosa polmonare ( gruppo 1 della classificazione clinica ).
Nella definizione emodinamica di ipertensione arteriosa polmonare le linee-guida ESC 2015 hanno introdotto anche il parametro resistenze vascolari polmonari che devono essere superiori a 3 UW.
Pertanto una definizione solo emodinamica non è sufficiente per comprendere quale tipo di ipertensione polmonare si tratta e quindi che tipo di trattamento applicare.
L’aspetto più importante quindi quando si parla di ipertensione polmonare è la diagnosi: è fondamentale una corretta diagnosi perché da questa dipenderà un corretto trattamento.
L’importanza della nomenclatura
Nasce ad Evian nel 1998 la classificazione clinica della ipertensione polmonare che provvedeva a raggruppare le varie forme di ipertensione polmonare in cinque grossi gruppi in base alla presentazione clinica, alle caratteristiche istopatologiche e quindi alla risposta al trattamento. La classificazione clinica ha subito negli anni piccole variazioni ma la filosofia e la struttura sono rimaste invariate fino all’ultima versione di Nizza 2012.
Gruppo 1 è quello della ipertensione arteriosa polmonare e comprende oltre la forma idiopatica anche le forme associate a varie condizioni quali: sclerodermia, infezione da HIV, ipertensione portale, cardiopatie congenite, schistosomiasi. Sono forme apparentemente eterogenee ma tutte hanno in comune quelle alterazioni istopatologiche che definiscono la malattia proliferativa delle arterie polmonari e per tale motivo rispondono agli stessi trattamenti.
La nomenclatura è cambiata per questa patologia. Prima si parlava di ipertensione polmonare primitiva o secondaria oggi invece si parla di ipertensione arteriosa polmonare o non-arteriosa polmonare perché in base a questa distinzione si sceglie il trattamento.
Diagnosi di esclusione
L’ipertensione arteriosa polmonare non è la più frequente ma rappresenta solo il 6% di tutte le forme di ipertensione polmonare che si riscontrano in clinica.
La diagnosi è quindi una diagnosi di esclusione che mira ad escludere tutte le altre forme più frequenti di ipertensione polmonare.
L’algoritmo diagnostico è piuttosto complesso ma prevede due snodi principali.
Il primo snodo prevede l’esecuzione di un ecocardiogramma che permette di stimare, nei pazienti sintomatici, la probabilità di ipertensione polmonare non solo mediante la stima della pressione in arteria polmonare ma anche mediante la presenza di segni indiretti di alterata funzione del ventricolo destro.
Se la probabilità di ipertensione polmonare con l’ecocardiogramma è elevata si devono escludere le due forme più frequenti di ipertensione polmonare e cioè quella secondaria a patologia del cuore sinistro ( e questo avviene con l’ecocardiogramma stesso ) e quella secondaria a patologia del parenchima polmonare ( e questo avviene mediante una spirometria ed eventualmente l’esecuzione di una tomografia computerizzata del torace torace ad alta risoluzione ).
Una volta escluse queste due forme più frequenti si deve escludere la terza causa di ipertensione polmonare e cioè quella secondaria a tromboembolismo cronico.
Il secondo snodo decisionale è quindi l’esecuzione della scintigrafia polmonare. Questa metodica ha una elevata sensibilità e, se normale, permette di escludere una ipertensione polmonare tromboembolica cronica.
Il paziente deve essere in seguito inviato al Centro Esperto per l’esecuzione del cateterismo cardiaco che rappresenta il gold standard per la diagnosi di ipertensione polmonare.
Il cateterismo cardiaco permette di confermare la diagnosi, valutare la severità della malattia ed eseguire il test di vasoreattività.
l test di vasoreattività, se positivo, permette di identificare un piccolo sottogruppo di pazienti ( circa il 10% ) che devono essere trattati con i calcioantagonisti.
Il riconoscimento di questo sottogruppo è importante perché la prognosi è notevolmente diversa con una sopravvivenza del 95% a 5 anni.
Solo una volta completato l’algoritmo diagnostico è possibile candidare i pazienti al trattamento con i farmaci antiproliferativi. ( Xagena2015 )
Maria Paola Cicini, Centro Malattie del Circolo Polmonare, UOC Cardiologia 2, Ospedale S.Camillo Forlanini, Roma
Cardio2015 Pneumo2015