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Bypass: minori occlusioni con l’arteria radiale rispetto alla vena safena


Secondo lo studio randomizzato RAPS ( multicenter radial artery patency study ) per i pazienti con malattia dei tre vasi sottoposti a CABG ( coronary artery bypass grafting ), gli innesti di arteria radiale sembrano presentare una minore propensione ad occludersi nel lungo periodo rispetto agli innesti di vena safena.

Lo studio ha trovato che 5 anni dopo l’intervento di bypass, una percentuale minore di innesti dell'arteria radiale era diventato funzionalmente occluso come indicato dal flusso TIMI 0, 1 o 2 ( 12% versus 18.8%, P=0.05 ).
E’ stato anche riscontrato che una completa occlusione ( flusso TIMI 0 ) era anche significativamente meno frequente con gli innesti dell’arteria radiale ( 8.9% versus 17.8%, P=0.004 ).

Lo studio ha arruolato 561 pazienti presso 13 Centri in Canada; sono stati confrontati gli innesti dell’arteria radiale con gli innesti della vena safena nello stesso paziente.
Ciascun paziente ha ricevuto entrambi i tipi di innesto, in modo randomizzato, all’arteria coronaria destra o all'arteria circonflessa sinistra.

I pazienti presentavano malattia dei tre vasi, funzione ventricolare preservata, e almeno una stenosi del 70% nell'arteria coronaria destra e nell’arteria circonflessa sinistra.

I pazienti erano generalmente giovani ( età media sui 61 anni ), con conservata funzione renale e basso tasso di importanti malattie vascolari.

I risultati a 1 anno dello studio RAPS erano stati riportati nel 2004 sul Journal of American Medical Association ( JAMA ).
Era stato dimostrato che gli innesti di arteria radiale avevano meno probabilità di diventare completamente occlusi rispetto agli innesti di vena safena, anche se non era stata riscontrata alcuna differenza nell’occlusione funzionale.

Cinque anni dopo l'intervento ( in media 7.6 anni ), entrambi gli endpoint sono risultati significativamente a favore degli innesti di arteria radiale in più di 200 pazienti per i quali erano disponibili i dati angiografici.

Complessivamente, il 14.9% dei pazienti nello studio sono morti o hanno sofferto di un infarto miocardico, sono stati sottoposti a bypass, o a un intervento coronarico percutaneo ( PCI ).
La sopravvivenza a 5 anni è stata del 96%. ( Xagena2011 )

Fonte: American College of Cardiology ( ACC ) Meeting, 2011


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